La claustrofobia (dal latino claustrum, luogo chiuso, e phobia, dal greco, paura) è la paura di luoghi chiusi e ristretti come camerini, ascensori, metropolitane e di tutti i luoghi in cui il soggetto si ritiene accerchiato e privo di libertà attorno a sé.
Le persone che ne soffrono manifestano una sensazione di malessere generale che risveglia paure archetipe (solitudine, vuoto, impotenza) e si può manifestare con attacchi di panico, senso di oppressione, difficoltà di respirazione, nausea.
Un problema che interessa gran parte della popolazione anche se ovviamente in misura diversa in ognuno di noi appunto perchè ognuno di noi ha una percezione dello spazio diversa..
Cosa significa? Una ricerca della Emory University College (Atlanta) e del Birkbeck College (Londra) ha mostrato dei risultati interessanti per quanto riguarda le cause psicologiche di questo malessere.
Ciascuno di noi vive come al centro di una “bolla“: lo spazio che riteniamo personale e inviolabile. La bolla non è uguale per tutti e le persone che hanno una bolla più grande sembrano più soggette alla claustrofobia.
I soggetti dunque più ansiosi sono dunque quelli che tendono a sottostimare le distanze e quindi a vedere gli oggetti e i muri più vicini di quanto non lo siano, ovvero pericolosamente all’interno della loro bolla…
Un aiuto innovativo può venire dalla realtà virtuale: attraverso una sorta di gioco si possono ricreare artificialmente e progressivamente gli scenari più temuti, così da permettere al paziente di regolare le proprie paure irrazionali, tuttavia la claustrofobia con la psicoterapia, le tecniche di rilassamento o la terapia cognitivo comportamentale, può essere facilmente risolta.
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